I disturbi del comportamento alimentare (DCA) rappresentano una delle patologie psichiatriche più complesse e insidiose, richiedendo un approccio terapeutico integrato e interventi di prevenzione mirati.
L’approccio terapeutico ai DCA
Il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare è multidisciplinare e coinvolge una rete di professionisti, tra cui medici, psicologi, psichiatri, nutrizionisti e assistenti sociali.
Secondo il Ministero della Salute, il percorso terapeutico si articola in diverse fasi che mirano ① alla stabilizzazione fisica del paziente, ② alla ristrutturazione dei pensieri distorti e ③ alla promozione di un rapporto sano con il cibo e il proprio corpo.
Stabilizzazione medica
Nei casi più gravi, come nell’anoressia nervosa, la priorità è la stabilizzazione delle condizioni fisiche. La malnutrizione o l’abuso di lassativi possono compromettere organi vitali, rendendo necessario il ricovero ospedaliero. Gli interventi includono la reintroduzione graduale di nutrienti, il monitoraggio delle funzioni vitali e, in alcuni casi, il supporto nutrizionale artificiale. Il ricovero ospedaliero è spesso essenziale per prevenire complicazioni gravi come aritmie cardiache o insufficienza renale.
Psicoterapia
La terapia cognitivo-comportamentale è considerata il trattamento di elezione per molti DCA. Questo approccio mira a identificare e modificare i pensieri disfunzionali relativi al cibo, al peso e alla forma corporea. La terapia cognitivo-comportamentale può essere adattata per specifici disturbi: per l’anoressia, aiuta a superare la paura di ingrassare e a ristabilire un’alimentazione equilibrata; per la bulimia e il disturbo da alimentazione incontrollata, riduce i comportamenti compensatori e le abbuffate, lavorando sulla regolazione emotiva. Altri approcci psicoterapeutici includono la terapia dialettico-comportamentale e la terapia interpersonale, particolarmente utili nei casi in cui i DCA sono associati a difficoltà relazionali o disturbi emotivi.
Terapia familiare
La partecipazione della famiglia è cruciale, soprattutto per pazienti adolescenti. La ricerca ha dimostrato che l’insorgenza di un disturbo alimentare in un familiare comporta significative modificazioni nelle dinamiche familiari, influenzando profondamente la qualità delle relazioni interpersonali all’interno del nucleo.
Questi cambiamenti possono alterare le relazioni e contribuire al mantenimento dei sintomi nelle persone affette da disturbi alimentari.
Il modello Maudsley, è una forma di terapia familiare che coinvolge i genitori nel supporto alla ripresa dell’alimentazione normale e nella gestione dei comportamenti legati al disturbo. Questo approccio è particolarmente efficace nei primi stadi dell’anoressia nervosa, aiutando i genitori a diventare una risorsa attiva nel processo di guarigione della figlia o del figlio.
Supporto farmacologico
In alcuni casi, farmaci come gli antidepressivi o gli antipsicotici di seconda generazione possono essere prescritti per trattare condizioni di comorbilità, come la depressione, i disturbi d’ansia o le ossessioni tipiche dell’anoressia. Tuttavia, il trattamento farmacologico è considerato complementare e deve sempre essere integrato in un percorso psicoterapeutico e nutrizionale.
Riabilitazione nutrizionale
Un dietista specializzato lavora con il paziente per sviluppare piani alimentari personalizzati, ricostruire una relazione sana con il cibo e affrontare eventuali carenze nutrizionali. L’educazione alimentare è fondamentale per insegnare al paziente a riconoscere i segnali di fame e sazietà, promuovendo un rapporto positivo con il cibo.
Fonti istituzionali come l’Istituto Superiore di Sanità sottolineano che i trattamenti devono essere adattati alle esigenze specifiche del paziente e spesso richiedono tempi lunghi per ottenere risultati duraturi.
L’importanza della prevenzione
La prevenzione è una componente essenziale per ridurre l’incidenza dei DCA e attenuarne l’impatto sociale e sanitario. Intervenire precocemente significa evitare che comportamenti alimentari problematici evolvano in disturbi più gravi.
Secondo il Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, le strategie preventive si articolano in tre livelli:
- Prevenzione primaria
La prevenzione primaria mira a ridurre i fattori di rischio nella popolazione generale. Questo include programmi educativi nelle scuole per promuovere una relazione equilibrata con il cibo e una corretta percezione del corpo. Gli interventi nelle scuole mirano a educare i giovani sugli effetti negativi delle diete restrittive e sull’importanza di un’alimentazione bilanciata. Inoltre, la promozione di modelli corporei diversificati nei media è fondamentale per combattere gli ideali irrealistici di bellezza che possono contribuire all’insorgenza dei DCA.
- Prevenzione secondaria
La prevenzione secondaria si concentra sull’individuazione precoce dei comportamenti a rischio, come diete restrittive, episodi di abbuffata o eccessivo esercizio fisico. Strumenti come questionari di screening nelle scuole o nei centri medici possono facilitare l’identificazione di soggetti vulnerabili, permettendo interventi tempestivi.
- Prevenzione terziaria
La prevenzione terziaria ha l’obiettivo di evitare le ricadute in chi ha già affrontato un percorso terapeutico. Gruppi di supporto, follow-up regolari con i professionisti della salute mentale e programmi di mantenimento sono essenziali in questa fase. La continuità dell’assistenza è cruciale per consolidare i progressi ottenuti e prevenire recidive.
Come attuare la prevenzione: il ruolo delle istituzioni e della comunità
Le istituzioni giocano un ruolo chiave nella prevenzione dei DCA. Il Ministero dell’Istruzione, ad esempio, promuove progetti scolastici mirati a sensibilizzare studenti, insegnanti e genitori sui rischi dei disturbi alimentari.
Parallelamente, le campagne di sensibilizzazione nazionali, come quelle sostenute dall’Istituto Recalcati, mirano a diffondere informazioni corrette e a contrastare la disinformazione.
Anche la comunità svolge un ruolo cruciale. I genitori, gli insegnanti e i gruppi di pari possono aiutare a creare un ambiente di supporto in cui i giovani si sentano liberi di esprimere le proprie emozioni e preoccupazioni.
La promozione di una comunicazione aperta è fondamentale per ridurre lo stigma e incoraggiare chi manifesta segnali di disagio a chiedere aiuto.
L’importanza di chiedere aiuto: contatti utili
Per chi soffre di un DCA o conosce qualcuno che ne è affetto, è fondamentale sapere a chi rivolgersi. Tra i riferimenti utili vi sono:
- Istituto Superiore di Sanità (ISS): Offre una mappa dei centri specializzati sul territorio italiano e risorse informative sui DCA. https://piattaformadisturbialimentari.iss.it/
- Ministero della Salute: Fornisce indicazioni sui percorsi terapeutici e sugli strumenti di prevenzione. https://www.salute.gov.it/portale/saluteMentale/menuContenutoSaluteMentale.jsp?lingua=italiano&area=salute%20mentale&menu=DNA
- Food for Mind: Un’associazione che si occupa di sensibilizzazione, prevenzione e supporto terapeutico per i disturbi del comportamento alimentare. https://www.foodmind.it/
- Numero Verde SOS DCA: 800 180 969 – Servizio gratuito per ricevere informazioni e supporto
Riconoscere e affrontare un disturbo del comportamento alimentare è un percorso complesso, ma con il giusto supporto è possibile ritrovare il benessere fisico e psicologico. La prevenzione, la cura e il sostegno collettivo sono i pilastri per affrontare questa sfida e garantire un futuro migliore a chi ne soffre.
Letture consigliate:
- “Il peso dell’Amore”, Leonardo Mendolicchio
- “Prima di aprire bocca”, Leonardo Mendolicchio
- “L’ultima cena. Anoressia e bulimia”, Massimo Recalcati
- “La santa anoressia”, Rudolph M. Bell
- “Elogio del fallimento. Conversazioni su anoressie e disagio della giovinezza”, Massimo Recalcati
Film da vedere:
- Fino all’osso – To the bone.
- Ragazze interrotte
- Primo amore
- Maledimiele
- The Whale
Per saperne di più: